Biblioteca – Leonardo Piana

La luce del mattino penetrava timidamente nella biblioteca vuota, quando entrò zoppicando la vecchia signora. La bibliotecaria, una giovane donna, esile e affabile, era china su un libro e non la sentì.  − Buongiorno − disse piano la nuova arrivata. La bibliotecaria alzò lo sguardo e sorrise. La signora passava ogni giorno per la biblioteca e, dopo tante chiacchierate sulle ultime letture, tra lei e la bibliotecaria si era creata una piacevole intesa, una tacita amicizia, coperta soltanto da un velo di formalità, tra due persone che condividevano gusti e passioni. Leggevano tutto: pochi dei volumi esposti sugli scaffali erano sfuggiti alla loro vigile lettura. Per questo, e per la triste solitudine che provava quando era nel suo appartamento al terzo piano, la signora, in biblioteca, si sentiva a casa. Accogliendola, la bibliotecaria disse che erano arrivati i nuovi libri, anche l’ultimo dello scrittore americano che era sempre così noioso… Quel critico bravo, però, ne aveva scritto una recensione positiva, così l’avrebbe letto ugualmente, sperando fosse migliore dei precedenti.  − Ma forse lei non conosce questa autrice? È appena al secondo romanzo, ma ha un talento innato. Deve assolutamente leggerla −. La donna parlava a voce alta, entusiasta, muovendosi freneticamente tra gli scaffali della biblioteca deserta. La signora ascoltava, annuendo con gli occhi celesti. Diceva sempre poche parole, ma alla biblioteca piaceva la sua capacità di stare in silenzio. Quando cominciavano ad arrivare altri clienti, sedeva al tavolo  vicino al bancone dei prestiti. Restava molte ore a leggere e osservare le persone in fila con uno o due libri in mano. Un uomo distratto che rovesciava una pila di libri, una donna avvolta in una pelliccia, un giovane con le cuffiette che studiava su un enorme manuale.  − Ha visto com’era vestito quel signore? Sembrava un personaggio di Dostoevskij! − sussurrava all’orecchio della bibliotecaria nei momenti in cui i visitatori erano pochi, quando le si sedeva accanto e parlava un po’.  − Quel libro mi ha ricordato la volta che mio marito ed io andammo a Venezia. Che avventura! Ero così meravigliata dalla bellezza dei palazzi che rischiai più volte di cadere in acqua −. Negli occhi aveva malinconia, ma anche quello sguardo sognante che spesso siriconosce nei vecchi quando ricordano. A volte tornava anche il pomeriggio e se ne andava soltanto quando la biblioteca spegneva i computer e avvisava, alzando la voce:  − Tra cinque minuti la biblioteca chiude! Quel giorno, comparve in biblioteca un ragazzo dall’età indecifrabile: sembrava piccolo e ingenuo, quasi infantile, ma al contempo aveva sul volto un’espressione seria e matura.  − Un libro − disse.  − Mi hanno detto che devo leggere un libro, ne vorrei uno − spiegò agli occhi della bibliotecaria, che lo guardavano perplessi.  − Che genere… − cominciò lei, ma vide il suo volto spaesato, ebbe un’illuminazione e si bloccò. Non sopportava l’idea che quel ragazzo leggesse per obbligo. Qualcuno doveva insegnargli a leggere per sognare. Sorridendo, gli indicò il tavolo della signorea, che aveva assistito attentamente alla scena.  − Un libro − fece lei appena il ragazzo le fu davanti, senza dargli il tempo di aprire bocca. − Sai quando ho letto per la prima volta un romanzo? − continuò, parlando piano. − A dieci anni, in piena guerra. Era “I tre moschettieri”. Hai letto “I tre moschettieri”? − Non si aspettava alcuna risposta e continuò a bisbigliare, fermandosi solo ogni tanto per raccogliere le idee. Il ragazzo la ascoltava dubbioso e imbarazzato. Di tanto in tanto si guardava intorno, come per cercare una via di fuga. Poco a poco, però, la narrazione della signora si fece coinvolgente: intrecciava i raconti delle sue letture con episodi della sua vita, trascinando il giovane tra i vari settori della biblioteca. Gli parlò dei famosi scrittori del passato, gli mostrò i più grandi classici della letteratura, ma lo portò anche davanti allo scaffale dei più recenti fantasy per ragazzi. E poi raccontò delle avventure di Huckleberry Finn, che da giovane cercava di ripetere esplorando le colline intorno a casa sua, del viaggio di Michele Strogoff che l’aveva fatta appassionare alla Russia, di Via col vento e del suo folle amore per il protagonista. Il ragazzo, dapprima sospettoso, si lasciò trasportare nelle storie di mirabolanti avventure, ma anche di piccole esperienze di vita che la signora raccontava con enfasi sempre crescente e un po’ di rimpianto.   − Lo leggevo ogni anno ai miei figli mentre addobbavano l’albero − disse, porgendogli un’edizione illustrata del “Canto di Natale” di Dickens. − Chissà se lo ricordano ancora. Non li vedo da tanto. Passò del tempo. A un certo momento la signora si fermò e tornò a sedersi al suo posto.  − Grazie − sussurrò il ragazzo alle sue spalle. Poco dopo, la signora lo vide uscire dalla biblioteca, con una copia de “I tre moschettieri” ben stretta tra le mani. “Aveva bisogno di storie, quel ragazzo” pensò sorridendo. “Gli sarò sembrata una vecchia strampalata, ma quel libro lo leggerà. Sicuro che lo leggerà” mormorò alzandosi e imboccando la porta. Quella sera il ragazzo lesse. Faticava un po’, non capiva tutte le parole, ma scoprì che una storia è quanto di più affascinante si possa conoscere.  − Tra cinque minuti la biblioteca chiude! − esclamò in quello stesso momento la bibliotecaria, sistemando sullo scaffale il libro che aveva appena finito di leggere.

Leonardo Piana

COMMENTO
Il racconto – scritto in una forma scorrevole, ricca  sul piano lessicale e stilisticamente efficace – è ambientato in una biblioteca dove due donne, la giovane bibliotecaria e  un’anziana  abituale frequentatrice, insegnano con pazienza e fantasia ad un ragazzo, che ha bisogno di storie, a leggere per sognare.
La storia è bella, piacevole e si legge volentieri fino alla fine;  in  particolare ben riuscita e molto viva e verisimile è la figura della signora, che ha una sua gentilezza e profonda umanità. 



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