Social, Tv e Pubblicità | Non solo parole

Quanto il capitalismo influenza la nostra società?

Ecco a voi un’anteprima del prossimo numero del quadrifoglio! 😀

Quanto il capitalismo influenza le nostre vite? Bella domanda, sembrano parole non connesse fra loro. In questo articolo voglio esprimere la mia opinione al riguardo, dilungandomi poi su un’analisi generale della società. Perdonate le mie scarse capacità di scrittura e se sarò prolisso. Bene, cominciamo!
Il capitalismo si basa, come molti di voi sapranno, sulla costante crescita economica e industriale. L’intero sistema si regge sul circolo facilmente semplificabile con la formula: Maggiori consumi -> richiesta di aumento della produzione -> crescita: investimento e nuovi posto di lavoro -> più prodotti -> … . In questa struttura c’è quindi un elemento determinante: la crescita. Il tutto si fonda su un concetto semplice: il voler avere sempre di più. E’ inevitabile, l’essere umano di oggi è avido, bramoso, figlio del sistema capitalistico da cui è stato allevato. Ma poniamoci dunque una domanda fondamentale: perché le industrie si interessano a noi? In che modo? La risposta è nel primo elemento della formula sopra elencata.: maggior consumo. Come si può giungere ad avere più richieste del prodotto e ad aumentare i consumi? Prendendosi cura dell’acquirente, facendolo sentire parte di un sistema generale, mettendolo a proprio agio fintantoché giunga nel negozio e tiri fuori il portafoglio sganciando parte del suo stipendio mensile. Da quel momento diventiamo inutili. Ci sentiamo spenti, vuoti, l’ardore del desiderio svanisce, come ci piaceva sentirci importanti! che la gente si interessasse a noi, e ora? Qual è il prossimo passo? Per colmare questo vuoto non ci rimane che desiderare un altro prodotto. Qual è dunque il motivo del nostro malumore? Basiamo la nostra felicità sugli oggetti e non su noi stessi, perché siamo cresciuti da questa forma mentis deviata grazie a pubblicità, televisione e social network. Viviamo nella confusione, immersi da falsi ideali che facciamo nostri, e che accettiamo con fatica per “sembrare normali”, ma che in realtà, sotto sotto, non lo sono.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto chiediamoci: come funziona la pubblicità? Il messaggio che ci appare di fronte ai nostri occhi è chiaro. Pensateci un attimo: “se compri questo prodotto, diventerai come il modello, sarai circondato da belle ragazze ma, soprattutto, sarai felice e in pace con te stesso”. Qual è il risultato? Che buona parte delle persone oggi giorno possiedono principi e valori distorti e adattati alla logica del consumo.
Ne esce una società che eleva i superficiali, i furbi, e non i saggi, i giusti e i meritevoli, che identifica la bellezza e la ricchezza come gli obbiettivi da raggiungere per poter essere influenti sugli altri, in parte controllandoli, ottenendo così una fama effimera e sentendoci felici. Chi dovrebbe essere lodato per i propri meriti, ottenuti con fatica e sudore, viene lasciato da parte per qualcuno che vince un’ingente somma di denaro solo per aver dato spettacolo di sé. E’ ridicolo, lasciatemelo dire. Il tutto si compenetra nella televisione e nei social networks:

-La prima prolifera di programmi inutili e insensati. La cultura è limitata e si prediligono in prima serata reality rispetto a programmi di approfondimento economico, politico, culturale, istituzionale e sociale. Quando muore un personaggio dei reality ne fanno un eroe nazionale, quando muore un elemento fondamentale nelle istituzioni o nella società non se ne approfondisce la figura e gli effetti del suo operato. L’immagine sta prendendo sempre più piede e le parole vere, sincere, le emozioni delle persone sono sempre più messe in un angolo. In Italia è più importante mostrare a tutti le tette o il sedere, essere modello o calciatore che vivere per una propria passione e per una missione di vita, essere colti, onesti, integri, e questo in parte lo dobbiamo al capitalismo e alla pubblicità.
Per non parlare poi della figura della donna, che è spesso considerata alla pari di un oggetto, viene accostata ad ogni genere di bene, associando l’acquisto del prodotto ad un conseguente successo col gentil sesso, balla e sorride ma è costretta a rimanere muta, e spesso viene insultata, umiliata e sfruttata.
Mi guardo attorno e vedo i riflessi di questa mentalità, vedo ragazze poste su un piedistallo perché “belle” (anche se queste molto spesso sono le più insicure), altre che fanno di tutto per diventare come loro e poter ricevere le stesse attenzioni, chi si mette a dieta e chi si mette in mostra anche in modo esagerato senza cogliere invece l‘importanza della loro unicità, del loro essere e della loro personalità. E invece no, bisogna adattarsi a quello che vogliono gli altri, ai canoni a dei modelli della società. Ma dico io, chi se ne frega di ciò che vogliono gli altri? E’ meglio basare la nostra felicità su noi stessi o sui beni materiali e sull’estetica? E’ meglio vivere con i nostri principi, che sentiamo nostri, o seguire gli ideali degli altri e adattarsi alle norme della massa che ci dice “così non vai bene”? Cresciamo affiancati da un sistema che noi crediamo desideri il nostri bene, tuttavia, rifletteteci un secondo, perché credete che vi voglia con vestiti alla moda, gioielli, macchine costose e cellulari megagalattici? Non perché le industrie vogliono vendere e arricchirsi, nooo, figuriamoci! Ma chi? Loro? Impossibile! Per loro è più semplice gestire una società omogenea e uniformata o una eterogenea ed estremamente diversificata? E come se non bastasse diamo troppo importanza al consenso di chi ci sta attorno, desideriamo sentirci parte di un gruppo cercando quindi l’approvazione altrui e adattando i nostri ideali a quelli della massa, sperando di riuscire ad apparire meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) di quel che siamo. Tuttavia, chi adatta il suo essere alla volontà degli altri finirà per vivere infelice, perso in un universo di ideali che non sente propri. La morale è: non rinnegatevi, siate sempre voi stessi, in ogni cosa che fate.
-I social invece sono il luogo dei criticoni, dei criticoni dei criticoni, dell’inattività, dei moralisti, dell’apatia, della falsità, di chi si nasconde dietro un profilo per essere chi vuole, insomma della degenerazione dei valori. In internet, tutto è facile ma scontato, basta scrivere un nome, caricare una foto, postare una critica e il gioco è fatto! E da lì verrò giudicato da molti dal numero di ‘Mi Piace’ o di ‘Amici’ presenti sul mio profilo. Se mi interessa una persona posso scriverle in chat, wow che forte emozione! Mi tremano le gambe al solo pensiero!
Altro che uscire con lei, assaporarne il profumo, vederla in carne e ossa, perdersi nel suo sguardo, immergersi con lei nei suoni e negli odori della natura, scherzare, sfotticchiarsi a vicenda, ridere, parlare, avvicinarsi pian piano e… beh! Se c’è chimica, da cosa nasce cosa! Non fatemi essere blasfemo! 😀 La mia è una critica alle relazioni che stanno assumendo delle nuove forme innaturali, insane e distaccate. Perché abbiamo bisogno di un mezzo superfluo per fare qualcosa per cui siamo già naturalmente predisposti? Rifletteteci. Non è vivere da protagonisti agire dietro uno schermo del computer! Il mondo vero, reale è fuori dalle quattro mura di casa e vale la pena spendere la nostra vita nel scoprirlo, con lo stesso atteggiamento di curiosità mista a giocosità e simpatia che avevamo da bambini.

Più in generale ho notato poi un complessivo degrado nello stile di vita delle nuove generazioni, non me ne vogliate, i sociologi sono dalla mia parte, che è causato, a mio avviso da un ruolo sempre più fondamentale che assumono il TV e il mondo digitale che, quasi come ‘baby-sitter’, hanno intrattenuto i giovani fin da piccoli, mentre i genitori erano a lavorare, ‘allevandoli’ con mentalità consumistiche e distaccandoli sempre più dal coltivare le proprie relazioni sociali. E guarda caso questo cambio di rotta coincide con l’avvento di internet.

Spero che questo nuovo punto di vista, per quanto poco, possa aiutare qualcuno nel cambiare certe abitudini o norme comportamentali seguendo pian piano la via per scoprire se stesso e raggiungere la felicità, quella vera. Buon viaggio!

Marco Dal Lago



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